Museo Civico Archeologico di Fermo

Dal collezionismo privato al museo pubblico – Sala 6

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Sia Gaetano sia Raffaele studiarono e collezionarono incessantemente fino alla fine dei loro giorni, partecipando attivamente anche alla vita politica locale. Gaetano, quasi ottuagenario, diede alle stampe una delle opere sue più importanti, le Cronache della Città di Fermo, undici anni dopo il fratello Raffaele che, anch’egli alla soglia dei settanta, concluse la pubblicazione più nota, il corpus sulle iscrizioni fermane, fonte cui attinse anche il Mommsen per il suo CIL.
Purtroppo la passione per l’antico e la conservazione delle memorie patrie rimase confinata entro i ristretti limiti della loro, seppur non brevissima, vita. Il nipote Pietropaolo, nominato erede universale, già due anni dopo la morte dell’ultimo dei due zii, Gaetano, avvenuta nel 1871, aveva venduto gran parte della collezione.


Ognun di voi conosce quanto la libreria dei fratelli Raffaele e Gaetano De Minicis fu pregiata dall’universale per fatte opere, per abbondanza di vari documenti storici e per edizioni le più
rinomate. Si aveva fiducia che questo tesoro sarebbe rimasto integro ad ornamento del paese. Ma l’erede di quegli onorandi uomini, mirando solo al proprio interesse, manifestava il proposito di farne denaro per vendita; e fu allora che la eletta schiera di cittadini intelligenti ed amanti del decoro del luogo natio, fece istanza alla Giunta perché quella raccolta non venisse a mano di estranei
.”(dall’Approvazione consiliare del Comune di Fermo 17 febbraio 1872).


Poco è rimasto di questo ricco museo privato che così tanto incise nella storia della cultura fermana fra il XVIII e il XIX secolo, destino, purtroppo comune a molte collezioni private di questo periodo che sappiamo aver raggiunto l’apice fra i contemporanei per poi lasciare poco più che un pallido segno, disperdendosi il più delle volte nel mercato antiquario per il disinteresse degli eredi.
L’illuminata iniziativa dell’allora sindaco di Fermo Ignazio Trevisani consentì la salvezza del nucleo più cospicuo della biblioteca dei De Minicis, acquistata al patrimonio pubblico fermano nel 1872 per trentatremila lire.


La compravendita fu preceduta da una complicata – a tratti imbarazzante – trattativa con il nipote, che ebbe quale unico fine quello di trarre il maggior vantaggio economico possibile, anche con l’inganno. Agli atti della biblioteca civica sono conservati i documenti dell’allora bibliotecario, Filippo Raffaelli, il quale, incaricato dall’Amministrazione di realizzare una stima del patrimonio, ebbe modo di constatare l’assenza di alcuni dei documenti fraudolentemente dichiarati dal nipote per accrescere il valore della vendita. La deliberazione municipale significò la salvezza del patrimonio librario dei due fratelli, attualmente, conservato e consultabile nella biblioteca civica “Romolo Spezioli” e di un piccolo nucleo della collezione archeologica. Gran parte della collezione, purtroppo, andò dispersa nei meandri del mercato antiquario: reperti confluirono nelle raccolte del Louvre di Parigi, del museo archeologico nazionale di Arezzo e nelle collezioni private del castello Mackenzie di Genova, dei conti Vitali a Fermo e di palazzo Bruschi ad Arezzo e dei conti Massimo a Roma.


La collezione archeologica civica, esposta inizialmente presso la biblioteca civica, trovò una adeguata collocazione dal 1981 in un apposito antiquarium, che aveva come sede il serbatoio di età romana di Largo Calzecchi Onesti (denominato comunemente Piccole Cisterne). La chiusura al pubblico del museo, avvenuta nel 2002, ha comportato l’inaccessibilità della collezione archeologica fino alla realizzazione dell’attuale allestimento, aperto nel 2023.