Museo Civico Archeologico di Fermo

La collezione privata De Minicis – Sala 3

Per saperne di più

In questa sala viene riproposta l’atmosfera che si doveva respirare nella casa museo De Minicis in
cui gli oggetti antichi si affiancavano a libri e documenti storici. Non esiste catalogo descrittivo
della collezione e questo ne rende difficoltosa la ricostruzione. Vengono in soccorso le narrazioni dei contemporanei che visitarono il museo e lo raccontarono, colpiti dalla varietà degli oggetti in esso conservati. La collezione, pur essendo privata, doveva essere aperta al pubblico, se di essa troviamo menzione nella guida principale della città pubblicata nel 1864 dall’avvocato e storico fermano Vincenzo Curi, qui esposta in copia. Ulteriore importante testimonianza, analogamente esposta in copia, è quella del conte Serafino D’Altemps, amico dei due fratelli, il quale ha lasciato la più ampia e completa descrizione del museo ad oggi nota risalente al 1842, momento di massimo splendore della raccolta. Iscrizioni e sculture antiche si affiancavano a dipinti e ad altri oggetti moderni d’interesse storico-artistico.
Persino Theodor Mommsen, padre della scienza epigrafica, universalmente considerato come il più grande classicista del XIX secolo, pur riconoscendo i limiti delle capacità di analisi storica dei due fratelli, visitò il loro museo e lo definì ricchissimo nel suo Corpus Inscriptionum Latinarum (CIL). Quest’ultima è un’opera in più volumi che raccoglie tutte le iscrizioni latine dell’impero romano, ordinate geograficamente; in particolare il volume IX è dedicato alle iscrizioni del versante adriatico dell’Italia centro-meridionale fra cui il Piceno.