Itinerario Sistino
Nel quinto centenario della sua nascita, Fermo celebra Sisto V che fu vescovo della città dal 1571 al 1577. “Er Papa Tosto” come lo chiamavano a Roma, è ricordato in un percorso attraverso i luoghi-simbolo del Comune.
Nel settembre del 1585, a soli cinque mesi dalla sua elezione, il Pontefice concesse alla città un atteso documento: la Bolla Sistina. Con questa, attraverso la riconferma dello Studio generale fermano, l’Università tornò al proprio vecchio splendore. Un secolo di lotte intestine e guerre avevano, infatti, portato molti cittadini a spostarsi in altri atenei. Ma grazie a questo atto ufficiale, nonostante la sua istituzione risalisse molto più indietro nel tempo, l’Ateneo fermano visse la sua stagione più luminosa e proficua. L’Archivio di Stato cittadino conserva ancora la copia originale della Bolla con i sigilli intatti di Sisto V.
Nato a Grottammare il 13 dicembre 1521, Felice Piergentile a trent’anni prese il nome di Felice Peretti. Da Cardinale venne anche chiamato “Cardinal Montalto”, soprannome che accolse in segno di affetto verso la terra d’origine della propria famiglia. Come Sisto V è stato il 227esimo papa della Chiesa cattolica dal 1585 fino al 1590, anno della sua morte.
Quarto di sette figli, visse un’infanzia molto povera. La sua famiglia, originaria di Montalto si era rifugiata a Grottammare, dopo che il padre era stato condannato all’esilio dall’autorità ecclesiastica, perdendo così ogni bene.
All’età di 9 anni, grazie a uno zio frate che viveva lì, entrò nel convento di San Francesco delle Fratte, dove iniziò il suo noviziato a 12 anni con l’Ordine dei Francescani.
Da bambino pare fosse scampato a diversi pericoli: essere bruciato nella culla, morire di peste come uno dei suoi fratelli, finire annegato in uno stagno da cui lo salvò una zia. Morì di malaria il 27 agosto 1590 ma, nonostante un pontificato molto breve, portò cambiamenti di grandissima importanza storica, sociale e culturale.
Oggi l’antico Palazzo degli Studi, sede storica dello Studio Generale, si affaccia su Piazza del Popolo accanto a Palazzo dei Priori: qui si può visitare l’antica Biblioteca cittadina, il cui nucleo originario è costituito dalla magnifica Sala del Mappamondo. Le vicende della Biblioteca Comunale si legano alla vivace storia intellettuale della città. Fu istituita nel 1688 su intervento del cardinale Decio Azzolino che nel 1671 fece richiesta al Consiglio Generale di uno spazio per collocare alcuni volumi della collezione del nobile Paolo Ruffo per metterli a disposizione del pubblico. Questo polo culturale continuò a crescere in importanza e qualità anche grazie a successive donazioni e incentivi.
Il fondo più prestigioso è quello donato dal fermano Romolo Spezioli, a cui la Biblioteca venne poi intitolata. L’uomo era il medico personale della Regina Cristina di Svezia presso la corte di Roma, dove si era trasferita dal 1655. Questo donò la sua cospicua collezione a patto che fosse gestita e curata dalla figura di un “bibliotecario”, ruolo per cui venne subito nominato, dal Consiglio generale, Nicola Cordella.
Nella sezione del Gabinetto di stampe e disegni, il cui ricco fondo è quasi interamente costituito dalla collezione di proprietà dell’architetto fermano Giovanni Battista Carducci (1806-1878), sono esposti alcuni tra i fogli di laurea emessi dall’Università, splendidamente decorati e dipinti: ogni foglio celebra la figura del Pontefice benefattore Sisto V che tanto aveva sostenuto lo Studium in cui egli stesso si era laureato.
Piazza del Popolo è il punto principale della città di Fermo. Lunga 135 metri e larga 34, è spesso definita “il salotto della città”. Chiusa sui lati lunghi da due file di logge dai portici in cotto e sui lati corti da palazzi storici fra i più significativi della storia cittadina, la piazza, anticamente detta “di San Martino” per l’omonima chiesa che vi era costruita, ha subito nei secoli numerosi rifacimenti. Poi alla fine del Trecento doveva presentare l’attuale estensione, però era chiusa nel settore nord dall’antico Palazzo del Capitano del Popolo (oggi Palazzo dei Priori) e dal lato opposto dal Palazzo del Podestà (oggi Municipio). Invece una schiera di lotti gotici di civile abitazione doveva delimitare il lato ai piedi del Girfalco. Al centro di quest’area nel tempo presero piede una serie di botteghe di legno di uso commerciale, per cui la piazza aveva contemporaneamente un ruolo di rappresentanza, ma era anche un centro mercantile. Nel 1438, sotto la Signoria sforzesca, gli edifici vennero infine abbattuti. La piazza assunse il suo attuale aspetto con gli ultimi lavori di sistemazione conclusi nel 1659.
L’attuale sede della Biblioteca Comunale si trova nell’antico Palazzo degli Studi, edificio che ospitò l’università fermana per diversi secoli. Sulla facciata sono rappresentati i Papi che contribuirono alla sua fortuna: Bonifacio VIII, Eugenio IV, Sisto V e Calisto III.
La facciata di Palazzo dei Priori, i cui lavori terminarono nel 1585, è invece arricchita da una grande statua bronzea di Sisto V, realizzata nel 1590 dal Sansovino. Questo Papa infatti ha goduto sempre di grande ammirazione da parte del popolo fermano. Infatti quando era vescovo della città nel 1573 aveva fondato il Seminario e nel 1574, aveva fatto costruire uno Stabilimento per l’Arte della lana presso Fonte Fallera. Aveva poi continuato a mantenere degli ottimi rapporti con la città anche nei suoi anni da pontefice.
L’Archivio di Stato nacque come sezione dell’Archivio di Stato di Ascoli Piceno nel 1965. Sebbene un distaccamento non fosse allora previsto dalla legislazione, questa soluzione trovò il consenso del Comune che si impegnò a sostenerne tutte le spese. Nel novembre 1958 il Ministero dell’Interno accordò la propria autorizzazione e questo nacque nel maggio successivo, mediante la stipulazione di un accordo fra l’Archivio di Stato di Ascoli Piceno e il Comune di Fermo. L’istituto delle sezioni fu poi legittimato dalla legge archivistica del 1963 n. 1409 (art. 3), ragion per cui questa è stata la prima ad essere istituita in Italia. A seguito dell’istituzione della Provincia di Fermo nel 2004, l’Archivio di Stato cittadino fu elevato ad istituto autonomo nel 2007.
Il materiale documentario che qui viene conservato è ricchissimo e di grande rilevanza storica e rispecchia la notevole importanza che Fermo ebbe nelle vicende storiche della regione.
Lo Studio Generale a Fermo era stato istituito da Bonifacio IX il 16 gennaio 1398. All’inizio del XVI secolo la città risentì del clima determinato da continue lotte intestine, da gravi crisi politiche, aggravate da carestie e pestilenze; per questo l’Università andò via via perdendo l’incisività e i caratteri del primo periodo della sua esistenza. La Bolla sistina del 1585, conservata in questo archivio, riferita alla conferma dello Studio Generale, intendeva ripristinare l’efficienza dell’istituzione. Nel settembre del 1585 finalmente Sisto V concesse l’atteso documento a soli cinque mesi dalla sua elezione. Da quel momento in poi, nei documenti dell’archivio comunale e arcivescovile, si nota una maggiore vivacità nell’attività universitaria con una più intensa vita scientifica e didattica.
La Cattedrale metropolitana di Santa Maria Assunta in Cielo è la chiesa madre dell’Arcidiocesi Metropolitana di Fermo.
L’antica basilica paleocristiana, le cui tracce sono visibili nell’ipogeo della Cattedrale, fu ampliata al tempo del vescovo Lupo (826-844), ma venne successivamente distrutta nel 1176 da Cristiano di Magonza per ordine del Barbarossa.
Come indica una lapide posta sulla facciata, cinquant’anni più tardi la cattedrale fu ricostruita da Giorgio da Como: lo scultore firma e data la propria “opera” al 1227. Dell’antica struttura gotica rimangono oggi solamente il prospetto e la torre campanaria. Intorno al 1781 l’arcivescovo Andrea Minucci fece demolire il resto per ricostruirla in circa otto anni in stile neoclassico. Il progetto era di Cosimo Morelli, architetto imolese chiamato anche per la progettazione del nuovo Teatro dell’Aquila.
L’elevazione della chiesa Cattedrale in Metropolitana rappresenta il momento culminante dell’interessamento di Sisto V verso la Diocesi di cui era stato vescovo. L’iniziativa rappresenta l’atto finale e il coronamento di tutta l’opera di riorganizzazione e di consolidamento delle strutture ecclesiastiche della Chiesa Fermana. Il 24 maggio del 1589 Sisto V inviava la bolla con la quale disponeva l’elevazione della Diocesi in Arcidiocesi. Contemporaneamente innalzava la Chiesa Cattedrale in Metropolitana, rendendo Fermo centro di una nuova Provincia ecclesiastica. Nell’occasione le venivano assegnate, come suffraganee, le diocesi di Montalto (del 1586), di Ripatransone (del 1570), di Macerata, di Tolentino e di San Severino.
Il Museo Diocesano, inaugurato nel 2004, è ubicato nei locali adiacenti alla Basilica Cattedrale Metropolitana, un tempo occupati dall’ormai estinta Confraternita del Suffragio.
Le opere esposte sono in parte una selezione di quelle conservate nella cattedrale stessa, a cui se ne aggiungono altre provenienti dall’Episcopio, da altre chiese limitrofe e dell’Arcidiocesi. I beni conservati partono come datazione dal periodo paleocristiano per arrivare al ’900, ripercorrendo le diverse fasi costruttive della Chiesa. I reperti raccontano la presenza e l’importanza per il territorio di insigni vescovi, tre dei quali saliti al soglio pontificio, i rapporti con il papato, la liturgia e infine la devozione.
La Sala del Tesoro, chiamata così perché conserva gli oggetti più preziosi del Tesoro della Cattedrale, è la prima del Museo Diocesano: qui troviamo il bellissimo messale de Firmonibus, un codice miniato da Giovanni di Ugolino da Milano nel 1436 su commissione di Giovanni De Firmonibus. All’interno della stanza è inoltre conservato il pastorale appartenuto a Sisto V, successivamente donato alla Diocesi fermana: si tratta di un bastone in tartaruga con intarsi in madreperla che presenta, incastonati nel nodo, quattro cristalli di rocca. Nel periodo della sua amministrazione apostolica, dal 1571 al 1577 nel ruolo di vescovo, fece dono alla città di due oggetti: il pastorale in tartaruga e una croce astile. Il pastorale, datato 1572, presenta un’asta a sezione cilindrica rivestita in tartaruga e percorsa da un sottile tracciato di madreperla con andamento a spirale. Nel nodo di tartaruga che accorda asta e riccio sono incastonati quattro cristalli di rocca delimitati da lamine d’argento. L’oggetto, che appare un unicum per la qualità molto raffinata dell’esecuzione, è stato accostato alla produzione delle officine artistiche siciliane che, a metà del Cinquecento, sono ancora influenzate da istanze ispano-moresche e islamiche. Si può notare infatti un gusto per improntato all’ornato geometrico e alla predilezione per l’uso di materiali come la tartaruga e la madreperla (ps. cit. “Atlante dei beni culturali. Oreficerie, 2006).
Il museo si sviluppa poi in una Pinacoteca che occupa due piani, uno inferiore dove sono collocate tavole del XV-XVI secolo e uno superiore con dipinti su tela risalenti al XVII-XVIII secolo. Al primo piano è conservato uno dei ritratti ufficiali di Papa Sisto V, riconoscibile dal naso adunco e dalla folta barba, ad opera di un Anonimo.