Museo Civico Archeologico di Fermo

Epistolari illustri – Sala 5

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La prima metà dell’Ottocento vide nascere e affermarsi in numerose realtà italiane di provincia , al
di fuori di quelli che erano i principali poli di attrazione scientifica, personalità profondamente innervate nel tessuto culturale della città di appartenenza anagrafica che, spinte verso la valorizzazione della storia patria, cercarono sulla base delle proprie esperienze, delle amicizie intessute, della propria sensibilità, di uscire dal microcosmo di origine, stringendo rapporti di collaborazione con letterati e studiosi operanti in quelle città che sempre più si dimostravano titolari e garanti delle nuove dinamiche culturali, allineandosi così a quelle nuove sollecitazioni che il progresso delle scienze richiedeva e imponeva. I fratelli De Minicis appartennero a questo mondo.
Persino il padre della scienza epigrafica Theodor Mommsen, il cui studio della storia e dell’epigrafia romana è ancora punto di riferimento nella ricerca contemporanea, che, nei suoi diari privati di viaggio definì Gaetano “ignorante quanto gentile” e si mostrò annoiato dalla sua “vanità epigrafica”, finì, poi col riconoscere pubblicamente, nella prefazione al suo CIL IX del 1873, il museo De Minicis come uberrimum (ricchissimo) ed ebbe ad ammettere: “Miniciorum ut doctrina non magna fuit, ita fides optima ed diligentia summa, ut tuto insistas iis quae ad hisce auctoribus tradita accepimus” (Dei De Minicis come la dottrina non fu grande, così l’affidabilità e la diligenza furono tali che possiamo considerare sicure le informazioni che ci arrivano da questi autori).