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Casula di San Thomas Becket

Il cimelio più importante è sicuramente la casula di San Thomas Becket, ovvero la veste sacerdotale per la celebrazione della messa. Nato a Londra il 21 dicembre 1118, era originario della Normandia. Dopo avere studiato a Parigi e a Londra entrò al servizio di Teobaldo, arcivescovo di Canterbury, il quale, riconoscendone le grandi doti, lo mandò a perfezionarsi nel diritto presso lo Studium di Bologna. Divenne poi lui stesso arcivescovo della città di Canterbury dal 1162 al 1170, anno in cui venne assassinato nella Cattedrale da quattro cavalieri di Enrico II, con cui era entrato in forte contrasto. La sua morte lo rese subito martire e, dopo un atto di pubblica penitenza da parte del re, Thomas Becket venne canonizzato da Alessandro III già nel 1173. Quasi 200 anni dopo la straordinaria portata dei pellegrinaggi ispirerà a Geoffrey Chaucer “I racconti di Canterbury”.

Secondo la tradizione la casula arrivò in Italia perché venne donata dall’uomo a Presbitero, futuro vescovo di Fermo, quando erano stati compagni di studi a Bologna. Secondo un’altra versione fu la madre di Becket a regalare al vescovo il paramento del figlio dopo l’omicidio.

Questo paramento è uno dei più preziosi manufatti tessili medievali del Mediterraneo, sicuramente il più grande, e si ritiene essere il più antico ricamo arabo che si conosca in tutto il mondo. Di forma semicircolare, originariamente in seta blu, presenta molti intrecci in filo d’oro, raffiguranti pavoni, elefanti e varie simbologie che rimandano all’area islamica.

In un documento del 1686 conservato nell’Archivio Storico Arcivescovile di Fermo, firmato dal cardinale Giovanni Francesco Ginetti, si faceva esplicito riferimento alla presenza della casula a Fermo. Nel 1925 il cardinale Merry del Val chiese che il manto fosse estratto dalla preziosa cassa di legno in cui era custodito. Dodici anni dopo la casula fu esposta a Roma e successivamente a Parigi e Barcellona. Nel 1973, una mostra a Londra gli diede ampio risalto.

Nonostante vanti quasi un millennio di storia, la casula presenta uno stato di conservazione sorprendente. La datazione è stata possibile in seguito agli approfonditi studi che David Rice, professore dell’Università di Londra, svolse nel 1959. Egli riuscì a leggere la dicitura ricamata nel rettangolo al centro della casula che riporta il luogo e la data di lavorazione: “Nell’anno 510 in Mariyya”. L’anno riportato corrisponde al 1116 nel calendario cristiano e Mariyya è la città spagnola Almeria, all’epoca sotto il dominio arabo.

Questo reperto ha da sempre stimolato la curiosità degli studiosi e recentemente è stato oggetto di una nuova analisi da parte dello storico dell’arte Avinoam Shalem, che si è avvalso della collaborazione di un gruppo di esperti internazionali.