Il Museo Diocesano, inaugurato nel 2004, si trova all’interno dell’antica sede della Confraternita del Suffragio, a fianco della Basilica Cattedrale Metropolitana dedicata a Santa Maria Assunta.
Quest’ultima è tuttora il più importante luogo di culto cattolico di Fermo e fu edificata tra il 1781 e il 1789 in cima alla collina del Girfalco su dei resti architettonici risalenti all’epoca romana e all’alto Medioevo. Per volere dell’arcivescovo Andrea Antonio Silverio Minucci come spesso accadeva all’epoca si decise, infatti, di demolire buona parte dell’edificio precedente per ricostruire ex novo. Venne dunque eliminata tutta la parte retrostante della chiesa duecentesca salvando solo facciata, ingresso e campanile.
A progettare la nuova struttura venne chiamato l’architetto dello Stato Pontificio, Cosimo Morelli mentre la costruzione venne affidata a all’architetto Pagliuca di Fermo. Questi due nomi sono gli stessi a cui, immediatamente dopo, vennero affidati i lavori del Teatro dell’Aquila. Grazie al grandioso progetto del Morelli, oggi il Duomo di Fermo è tra i più imponenti d’Italia.
Punto di riferimento e scrigno di arte, storia e cultura diocesana, il Museo, oltre a custodire un’importante selezione dei Tesori della Cattedrale, raccoglie nel suo prezioso allestimento le espressioni artistiche della vasta comunità del territorio fermano. Molte opere esposte provengono infatti dall’Episcopio e dell’Arcidiocesi di Fermo.
Al suo interno sono esposte delle testimonianze che ricoprono un arco temporale che va dall’età paleocristiana fino agli inizi del ’900. In questi secoli si possono ripercorrere le importantissime fasi costruttive della Chiesa, raccontando la presenza di insigni vescovi, i rapporti con il papato, la liturgia e la devozione.
La prima grande sala all’ingresso raccoglie la parte più cospicua e preziosa dell’antico tesoro della Cattedrale: il celeberrimo Messale de Firmonibus, la stauroteca di Papa Pio III, il pastorale di tartaruga e madreperla di Papa Sisto V e il monumentale ciborio del XVI secolo in bronzo dei fratelli Lombardi-Solari.