Nella notte tra il 23 e 24 gennaio del 1826 un incendio danneggiò una parte del teatro. In seguito a questo fatto vennero sospese nuovamente tutte le attività. Per riparare i danni tra il 1826 e il 1830 furono effettuati sostanziali lavori di restauro e di rinnovamento delle finiture interne sotto la direzione dell’ingegner Giovanni Battista Dassi. L’attuale forma della sala, con 124 palchi, proscenio e palcoscenico ad una bocca, è il risultato della trasformazione avvenuta in quegli anni su proposta progettuale dell’architetto Giuseppe Ghinelli, autore del “Teatro delle Muse” di Ancona e del “Rossini” di Pesaro.
Del 1828 è il pregevole dipinto del soffitto, il “volto”, con pittura a tempera, opera di Luigi Cochetti, raffigurante i Numi dell’Olimpo, con Giove, Giunone, le tre Grazie e le sei Ore notturne danzanti, intenti ad ascoltare il canto di Apollo. Al centro splende il lampadario a 56 bracci in ferro dorato e foglie lignee, alimentato originariamente a carburo, fatto arrivare da Parigi nel 1830. Alla maestria di Cochetti si deve inoltre il sipario storico, raffigurante Armonia che consegna la cetra al genio fermano.
In quegli anni Alessandro Sanquirico, il più grande scenografo del tempo, tra le maestranze più illustri de La Scala di Milano, dipinse per il Teatro di Fermo sei suggestivi fondali, tuttora conservati nei magazzini. Questi sono estremamente importanti anche perché sono gli unici suoi fondali originali ad oggi esistenti.